top of page

LA RIVOLUZIONE SPAGNOLA TRA IL 36-37’: La rivolta anarchica, l’insorgenza franchista e la repressione repubblicana.

Immagine del redattore: tentativo2lstentativo2ls

Tratto da: Obiettività e Cultura Liberale di Noam Chomsky.




Il caso della rivoluzione spagnola si presenta ancora oggi come avvenimento critico e trai più intensamente studiati della storia moderna, in cui sono ritratti in vividi segni le relazioni ed i tradimenti delle principali ideologie politiche convenute assieme a far conto della modernità che si stava destando.


Già la generazione del 98’ rese la terra di Spagna voce e carne inquieta da cui provennero ideali e lotte di nuova ribellione: “ma un’altra Spagna sorge,[...] una Spagna implacabile e salvifica, la Spagna che rinasce con l’ascia della sua vendetta in mano, la Spagna della rabbia e dell’idea”¹, tuonava dapprima A. Machado, poeta oramai classico che, nei tempi disperati della sua nazione, si fece anima di una letteratura intesa come forma estrema di libertà e resistenza.


Gli albori della rivoluzione vennero a levarsi nell’estate del 1936, quando l’insurrezione militare del generale Francisco Franco eruppe e provocò in rifiuto un’insurrezione popolare di una portata senza precedenti, che non usufruì al contrario di altre di “avanguardie rivoluzionarie prestabilite” ma apparve invece in grande parte spontanea. Essa coinvolse “masse di lavoratori urbani e rurali in una trasformazione radicale delle condizioni sociali ed economiche, che perdurò finché non fu schiacciata con la forza”².


Al momento del colpo di mano franchista, il governo repubblicano, radicalmente contestato da parecchi mesi di scioperi ed espropriazioni, rimase paralizzato;


fu così che gli operai, i contadini ed i tanti nullatenenti si armarono per conto loro e tentarono di domare l’altra insurrezione mentre i partiti di istituzione vacillano, divisi fra i pericoli di una resa di fronte a Franco e all’armamento delle classi lavoratrici.


Ecco che tra il 1936 e il 1937 ebbe luogo la complessa lotta che coinvolse nazionalisti, franchisti, repubblicani, e tutto quel movimento spontaneo che altro non fu che anarchico.


Ed è proprio questo movimento popolare, in barba al suo peso, a risultare omesso e tacciato d'essere nefasto nelle principali storiografie diffusesi da allora sull’evento: l’opera per anni ritenuta più notevole nel campo di studio sulla Spagna degli anni 30’, The Spanish Republic and the Civil War dell’autore G. Jackson, arrivò ad un punto di alta notorietà in particolare per le critiche aspre e lucide di Noam Chomsky, che in un suo saggio del tempo ne rivelò le omissioni e l’evidente volontà di tacere quell’angolo di storia che per molti versi fu una anticipazione delle insurrezioni popolari negli stati più poveri del mondo³.


“La mancanza di obiettività che l’esposizione di G. Jackson rivela è assai significativa in quanto caratteristica dell’atteggiamento assunto [...] verso i movimenti rivoluzionari in gran parte spontanei [...] profondamente radicati nelle necessità delle masse diseredate”⁴.


È convenzione duratura quella negli scritti più politicamente riconosciuti che l'uso di termini come quelli della frase precedente denotino ingenuità e confuso sentimentalismo. Questa è però una convenzione sostenuta da una persuasione ideologica più che dalla storia o da una indagine fedele dei tanti risvolti del novecento.


Tornando all’insurrezione popolare, i processi di collettivizzazione ebbero una marcata diffusione: in Aragona, 450 collettivi con mezzo milione di membri; nel Levante, novecento collettivi corrispondenti a quasi la metà della produzione agricola ed al 70% del commercio della regione; in Castiglia 100.000 membri; e così in Andalusia, Estremadura e nelle Asturie⁵.


Al contempo, lo stato reppublicano fu protagonista del successo del partito comunista, che  si avvicinò alle zone ricche di Valencia e che attraverso ministri e decreti regolamentò ed iniziò a costringere i tumulti della rivolta in regressione amministrata; il via della controrivoluzione.


Camillo Berneri, principale portavoce dei valori anarchici dall’Italia alla Spagna si oppose duramente alla politica di partecipazione di alcune frange rivoluzionarie al governo comunista; la sua opinione, come quella di tanti del popolo, riassume bene le sensazioni di quel momento storico; essa fu quella espressa da un operaio catalano da lui citato, che si riferiva alla repubblica precedente: “è sempre il vecchio cane, con un collare nuovo”⁶.


Riguardo alla controrivoluzione, la seconda fase dall’ottobre 1936 al marzo 1937 determinò l'eliminazione di comitati locali, il ristabilimento del sistema sociale ed economico pre-rivoluzionario; il decreto sulla collettivizzazione fu completamente revocato; in tutti i territori sotto il controllo del governo repubblicano, ora dominato dal partito comunista, si agì in accordo coi piani preannunciati dalla Pravda il 17 dicembre 1936: “per quanto riguarda la Catalogna, l’epurazione degli elementi anarco-sindacalisti è già cominciata e verrà portata avanti con la stessa energia che nell’Unione Sovietica”⁷.


È utile comprendere a fondo come, in questo periodo, ideologie che nel parlare quotidiano vanno a sovrapporsi perdendosi di fedeltà storica furono in dichiarato conflitto l’un l’altre: attraverso storiografie classiche di impronta solitamente liberale, come ad esempio il lavoro di H.Thomas del 1967⁸, si riscontra il rischio che l’amara contrapposizione tra governo repubblicano, vicino alla borghesia e divenuto camaleonticamente comunista, e le rivolte popolari di stampo anarco-sindacalista, vada a sfumarsi fino al perdersi completamente.


A sostegno delle tesi già citate, F. Borkenau, in The Spanish Cockpit, nota con disinteresse compiaciuto come la politica del partito comunista spagnolo, essenzialmente sostenuto da volontà pragmatiste del partito russo in ambito estero, “pose fine all’attività sociale rivoluzionaria, e rafforzò la loro idea che questa non doveva essere una rivoluzione bensì una difesa del governo legale dall’avvento franchista[...] fu una politica dettata non da necessità interne alla lotta spagnola, ma dagli interessi di una potenza straniera che vi intervenne, la Russia”⁹.


Al tramonto del 1938, l'insurrezione popolare era stata ormai domata, estinta; l'esercito franchista vinse le forze statali e pose il nuovo cappio al collo del paese; i moti e le speranze rivoluzionarie appassirono, spegnendosi nel sangue.

è però da notare come i fattori materiali, contingenti alle limitazioni politiche che provennero dal governo repubblicano, portarono ad una sostanziale mancanza di autonomia per quei pochi forti collettivizzati che rimanevano ancora in piedi; al merito, in merito N. Chomsky scrive “fu la limitazione del credito che distrusse in ultima analisi l’industria collettivizzata. Il governo della Catalogna si rifiutò di creare una banca per l’industria e il credito, ed il governo centrale fu in grado di controllare il flusso del capitale e riservare il credito alle industrie private”.

 

L’ulteriore utilità che dalla storia e dalle sue narrazioni paventate di fedeltà bisogna cogliere è che ogni quadro politico risponde a delle esigenze spesso incoerenti con l’ideale storico da cui si suppone provenga; ciò vuol dire che non vi è necessità di costanza nell’esercizio politico, perlomeno non nei riguardi delle ideologie, e che i termini di intervento vengono scelti spesso nei soli termini del potere, senza altro riguardo.

Sappiamo infatti come il corso della storia si è evoluto e quali forze intervennero a configurare l’esito di questa fase di instabilità.

Non esistono perciò bandiere che abbiano una consistenza duratura ed intatta: è nel dovere e nell’interesse di ognuno riconoscere la giustizia nelle azioni aldilà degli attori politici che le compiono.

è rilevante anche ricordare come una maggiore profondità della ricerca storica e della sua necessaria intenzione di obiettività dia modo e vita alla possibilità di capire al meglio gli eventi cardinali che hanno delineato i tratti della nostra società; che dunque dalla loro conoscibilità.



Citazioni:

1.      Antonio Machado: Il domani effimero in Poesie, Garzanti editore; p. 271;

2.      Noam Chomsky: Obiettività e Cultura Liberale, Il Saggiatore; p. 90;

3.      Gabriel Jackson:The Spanish Republic and the Civil War, Princeton UniversityPress;

4.      Op. cit. In 2;

5.      Daniel Guerin: L'Anarchisme, Gallimard; p.154;

6.      Camillo Berneri: Guerre de classes en Espagne;

7.      Rudolf Rocker: The Tragedy of Spain;

8.      Hugh Thomas: Un Secolo di conflitti 1850-1950, Atheneum;

9.      Franz Borkenau: op. cit. nel testo.




Post recenti

Mostra tutti

Avvelenata

Il caso Raimo – professore e scrittore sospeso per lesa maestà ai danni del ministro della pubblica istruzione Valditara – costringe a...

Comments


bottom of page