top of page

Avvelenata

Immagine del redattore: tentativo2lstentativo2ls

Aggiornamento: 2 giorni fa

Il caso Raimo – professore e scrittore sospeso per lesa maestà ai danni del ministro della pubblica istruzione Valditara – costringe a riflettere. Non solamente sulla pratica repressiva che esprime un’abitudine sempre più consolidata all’abuso di potere – non è il primo caso di un giornalista umiliato e indebolito dalle logiche tribali d’una politica che si perde a mostrar trofei; neppure sull’ispirazione autoritaria che soggiace a ogni pena esemplare – punirne uno per educarne cento. Questa decisione ci porta direttamente dentro i sogni più reconditi della politica populista.


La sintesi che supera l’antagonismo, la risposa a un dilemma sociale, trova forma nella più primitiva immagine che il sistema di potere proietta di sé, quando ancora non è ridimensionato dalla realtà. Nella regola aurea di ogni credo: la soluzione vive in un altrove, che è trascendente e che dà senso e legittima il potere.


La materializzazione di questa regola si ritrova nel vago senso di Missione che avvolge i discorsi, i programmi, che permette gli slogan: si pensi ai proclami che promettono la soluzione definitiva, all’intransigenza programmatica, ai grandi annunci. All’immaginario simbolico religioso che produce profezie, martiri, eretici. Al vaglio della realtà poco ha più bisogno di passare.


L’immigrazione, il dissenso, attaccano l’investitura – evidentemente non solo, non più, popolare – che non può essere messa in discussione, graffiata o incrinata da fattori esterni. I fatti del mondo vengono convogliati e spediti nel gorgo che riporta all’origine della Regola trascendente: il governo cura e curando salva. Negare questa narrazione è atto terroristico. Così la crisi – l’epica della crisi – diventa l’arena prediletta e in uno spazio politico che urla tutta la sua impotenza germogliano le analogie con le più sofisticate architetture dogmatiche.


Superstizioni codificate e sistemi di Fede arrivano sempre allo scontro con una realtà che dev’essere arginata. È profonda convinzione che essa, penetrando, con i semi delle sue contraddizioni corrompa l’idillio. Vediamo soprattutto le istituzioni religiose imporre leggi, lasciar operare un’autorità – gerarchica, persecutoria, contraria ai sogni di assoluta intimità e sincerità che la costituirebbero.


Piuttosto che patteggiare con la realtà. Atto tanto terreno quanto – ci si convince – delegittimante, se ne dà vita a una parallela. A partire dai contrasti più vivi: il celibato – svenduto come matrimonio con Dio – rimuove la problematica passione sessuale e con questa l’oblio amoroso, i peccati aboliscono la dimensione umana della tentazione e del pentimento – l’errore trova sintesi e redenzione nella punizione mediata dal senso di colpa: il peccato è in sé e per sé maligno, non conosce sfumatura e perciò con sacrificio va lavato via. I dogmi trovano collocazione: la liturgia detiene un potere che è funzione del suo anacronismo e della cecità nei confronti del contemporaneo – ancora una volta, potrebbe nascere un dubbio riguardo all’apertura verso il mondano ma il dubbio è negato al momento del parto: la chiesa è divinamente sostenuta e la chiesa con il tempo degli uomini ha poco a che fare, l’eternità la dispensa dal pensiero analitico. Utile ricordarsi la riflessione di Sorrentino in ‘The young Pope’ sulla Via Media.


Filosofia d’azione di ogni istituzione che vuol porsi come àncora e marmorea certezza: l’incedere lento dev’essere il senso profondo di ogni progetto. Il tempo della storia corre, quello della chiesa stagna, e deve stagnare.


Ogni dilemma si scioglie in ciò che lo genera. La Missione dispensa dalla realtà. Fintanto che la si nega, non dev’essere modificata, né può corrompere lo spazio d’azione.

È anche attraverso questa lente, questo delirio, che possiamo leggere lo stantio ripetersi di certe pratiche. Una politica che si pone al di fuori dei due pilastri dello stato democratico: un tempo breve e un potere contingentato e spesso ostacolato.


Trump dice durante i festeggiamenti: ‘We are going to fix everithing’.

Il caso Raimo ci parla dei modelli di un passato fin troppo presente, ancora risvegliato e ripetuto nella misura in cui s’è fatto esempio di questa trascendenza – presunta, soltanto presunta – della politica.

Sarebbe paradossale se quest’ossessione si limitasse soltanto a ricostruire dei confini – terreni – dai quali l’investitura, proprio perché autoconvintasi di natura superiore, dovrebbe dispensare. Agire per silenziare è un modo per soffocare il reale, piuttosto che assoggettarlo.

Post recenti

Mostra tutti

La varietà nell’apparire

“Il vero fascino della moda sta nel contrasto fra la sua diffusione ampia e omnicomprensiva e la sua rapida, fondamentale caducità”. ...

Comments


bottom of page