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La liberazione dei corpi è la cura alle nostre ferite - “Estranei”, di Andrew Haigh

Immagine del redattore: tentativo2lstentativo2ls




Gli arcani maggiori dei tarocchi sono divisi in 22 carte. La numero 6 è rappresentata da “Gli Amanti”.


Ci sono due raffigurazioni di questa carta: una classica, che proviene dal mazzo storico dei Tarocchi di Marsiglia risalente al 1735, rappresentante un giovane che trovandosi ad un bivio incontra due donne, e una rivisitazione contemporanea proveniente dai tarocchi ideati tra il 1908 ed il 1909 da Arthur Edward Waite e Pamela Coleman Smith. Quest’ultima illustrazione mostra una scena completamente diversa: Adamo ed Eva davanti all’Albero della Vita con un angelo in cielo che veglia su di loro. Per quanto sia stata disegnata in maniera diversa durante gli anni, il significato che si dà a questa carta è sempre lo stesso.


La carta de “Gli Amanti” rappresenta la scelta, il cambiamento, ma soprattutto la fusione dello spirito, un'unione della dimensione materiale e spirituale, che ci permette di proseguire un cammino di vita sereno ed equilibrato accettandoci per quello che siamo. Il tema fondamentale di questa carta è la completezza, la ricerca della completezza, che Adam, il protagonista del film, desidera ardentemente per poter fare pace con sé stesso.


Al sesto piano di un complesso residenziale londinese, in cui il silenzio è talmente abissale da ovattare qualsiasi altro suono, e i raggi solari dell’alba e del tramonto mettono in risalto i riflessi di noi stessi sulle vetrate, qualcuno sta soffrendo. Qualcuno soffre perché davanti a quel riflesso di sé stesso non si riconosce più. Probabilmente si è distaccato dalla realtà stessa perché la trova noiosa, o lui è diventato noioso per la vita di tutti i giorni. Mangia cibo spazzatura, dorme tutto il giorno e guarda la TV senza mostrare un minimo di interesse nei suoi occhi. Vorrebbe scrivere, è il suo lavoro, ma non ci riesce.


Perché d’altronde come puoi raccontare agli altri dei fantasmi della tua vita se non sei in grado di raccontarli a te stesso? E così Adam diventa un estraneo nella sua stessa casa. Raccontare il passato significa raccontare qualcosa che non è più, e che ora è cambiato. Ma a quel cambiamento le persone più importanti della sua vita non erano presenti. Come andare avanti? Qualche appartamento più sotto, un’altra persona sta soffrendo. Non si sa che lavoro faccia o se abbia amici, ma anche lui come Adam, guarda fuori dalla finestra e il suo sguardo si perde all’orizzonte. Paul è alla costante ricerca di qualcosa, anzi di qualcuno.


La famiglia lo ha messo ai margini perché gay, e nonostante lui dica che non gliene importi nulla, dentro soffre. Perché non ha nessun altro al di fuori di loro. Il vuoto che ha dentro il cuore lo riempie bevendo whisky giapponese, e anche lui, in egual misura ad Adam, si sente estraneo a sé stesso. Ma una sera queste due estraneità, così diverse ma così simili, si incontrano.


E tutto cambierà.


Andrew Haigh mette in scena un film complesso in cui il desiderio di accettazione e di riconoscimento da parte dell’Altro è il motore fondamentale dell'opera straordinaria.


Adam ricuce le cicatrici interiori lavorando su un doppio binario: da una parte, abbiamo la sua storia personale che è legata inevitabilmente alla morte prematura dei suoi genitori, in cui cerca una volta per tutte di metabolizzare questa enorme perdita che ha creato dentro di sé un “groviglio” di paure ed inadeguatezza che lo ha portato a reprimere la sua sessualità, e a viverla perennemente come un senso di colpa.


Dall’altra, abbiamo la storia con Paul, che come un pezzo di un puzzle, si incastra perfettamente con la dimensione privata di Adam. Attraverso il sesso e il dialogo,


Adam e Paul si scoprono e si liberano a vicenda dai pesi e dalle ansie che attanagliano le loro anime, trovando sia nell’uno che nell’altro un motivo per migliorarsi e sostenersi a vicenda. La liberazione dei corpi è centrale all’interno del film: Haigh ci mostra le mani che si intrecciano, le cosce avvinghiate, i baci e gli abbracci con una profondità e una poesia visiva che fa risaltare il lato carnale, rendendolo non un’esperienza meramente materiale o di divertimento, ma bensì una comunione spirituale in cui due corpi si avventurano per trovarsi e ritrovarsi; La liberazione è un atto politico, psicologico, spirituale che ci permette di liberarci perfino di noi stessi, e ci da la forza necessaria ad abbattere le barriere che ci separano dall’Altro.


Liberarsi significa mostrare le parti più fragili di noi stessi, significa rendere vero ciò che abbiamo dentro di noi, significa affrontare l’oscurità che abbiamo dentro e renderla finalmente nostra. Significa potersi guardare allo specchio e non vedere un bambino che urla, ma una persona finalmente risolta. Il “potere dell’amore” cantato dai Frankie Goes to Hollywood per tutto il film risiede proprio in questo: nel far sì che una presenza fisica, o che è stata fisica, rimanga dentro di noi attraverso le memorie e le esperienze che si sono condivise. Ciò che le persone ci lasciano dentro il cuore, parafrasando una poesia di Emily Dickinson, è il peso del loro amore che rimarrà immortale. Riconoscere che siamo meritevoli di questo sentimento è il primo passo verso la guarigione da quella estraneità che spesso ci fa sprofondare verso l’abisso. Ma sorgerà un’altra alba, e saremo comunque illuminati dal sole. L’importante è accorgersene

 
 
 

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