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“LA CITTADINANZA NON SI REGALA”: perché è importante cambiare la legge sulla cittadinanza

Immagine del redattore: tentativo2lstentativo2ls

Aggiornamento: 2 giorni fa

È ormai passato circa un mese dal referendum cittadinanza e ne abbiamo lette di ogni.


L’argomento cittadinanza ritorna a più riprese nelle variegate propagande politiche italiane e lo dimostrano le varie proposte di Ius Soli e Ius Scholae che si sono susseguite nel tempo.


Di fatto, l’italia è uno dei paesi con i requisiti più severi per ottenere la cittadinanza.


Se in apparenza l’italia è il primo paese UE per cittadinanze concesse, scende al quinto posto se prendiamo in considerazione la proporzione con gli abitanti e il fatto che, negli altri paesi, la cittadinanza viene concessa in automatico, senza nemmeno fare richiesta.


In questo momento in Italia ci sono più di due milioni e mezzo di persone italiane di fatto, ma non di diritto, che subiscono da decenni una vessazione politica e istituzionale. Il referendum sulla cittadinanza si pone l’obiettivo di sovvertire questa situazione, ma in che modo?


Modificando l’articolo 9 della legge n.91/1992, ancora legata a un’unica modalità di acquisizione chiamata Ius Sanguinis.


Questa modifica richiede di ridurre da 10 a 5 anni il termine di residenza legale e continuativa sul territorio italiano per poter presentare la domanda di concessione della cittadinanza. In questo caso, una volta ottenuta la cittadinanza, sarebbe trasmissibile automaticamente ai propri figli e figlie minorenni, riconoscendo così una parte importante di popolazione che fino ad oggi è sottoposta a una continua invisibilizzazione.


Il referendum è stato accolto con una sensibilità mai vista nella storia repubblicana, raggiungendo e superando l’obiettivo delle 500.000 firme. Una volta che queste saranno controllate dalla Corte di Cassazione per garantirne la validità, il quesito verrà portato ai voti tra aprile e maggio 2025.


È importante specificare che il referendum mira a dimezzare gli anni di permanenza in italia per poter richiedere la cittadinanza italiana, ma i requisiti rimangono quelli stabiliti, ovvero:

  • conoscenza della lingua italiana (minimo B1)

  • Il possesso di adeguate fonti economiche

  • Idoneità professionale

  • Ottemperanza agli obblighi tributari

  • Assenza di cause ostative legate alla sicurezza dello Stato


“La cittadinanza non si regala” è la frase per eccellenza di chi si è sempre opposto al dibattito sulla cittadinanza e anche questa volta l’abbiamo sentita ovunque.

Eppure, dando un’occhiata ai requisiti sopracitati, sono rimasti invariati. Che senso ha, quindi, questa modifica della legge, ci si potrebbe chiedere.


La risposta è che abbassando da 10 a 5 gli anni di residenza legale per poter richiedere la cittadinanza, facciamo un primo passo verso la consapevolezza e la percezione della gravità di non riconoscere persone che in Italia lavorano, studiano e contribuiscono alla grande macchina dello Stato italiano, ma senza i privilegi-diritti che la cittadinanza italiana garantisce.


Non avere la cittadinanza italiana può avere gravi ripercussioni sia pratiche - come l’impossibilità di partecipare alle gite scolastiche e alle attività sportive - che psicologiche, nella maturazione del senso di appartenenza alla comunità nella quale si vive. Dopo numerosi tentativi e strumentalizzazioni politiche, questo referendum permetterebbe di riconoscere i diritti di più di due milioni di persone. È un passo indispensabile verso un’Italia più inclusiva e civile, un’Italia che non guarda più al fenomeno della migrazione con paura e superficialità, ma che garantisce una tutela a chi, con non poche difficoltà, arriva in Italia e spesso finisce nelle maglie dello sfruttamento, dell’illegalità, alimentando così uno squilibrio significativo nella popolazione.


È prassi ormai che la naturalizzazione di tantissimi italiani senza cittadinanza viene ritardata e impedita per anni a causa di norme discriminatorie e requisiti economici incompatibili con quelle che spesso sono le condizioni lavorative dei lavoratori stranieri. Infatti, attualmente ci sono immigrati e figli di immigrati che dopo 20 anni in Italia devono ancora richiedere il permesso di soggiorno per poter rimanere nel paese che considerano casa. Queste persone non possono votare, non possono scegliere deliberatamente che lavoro fare e perdono tantissime opportunità di studio all’estero.


“Quando arrivava il giorno del rinnovo del permesso di soggiorno mio padre si alzava sempre presto e per presto intendo le tre o quattro del mattino. Faceva la fila per noi, sotto al sole cocente o sotto la pioggia, lui e tanti altri erano lì. Sia io che i miei genitori perdevamo giorni interi di scuola e di lavoro per poter essere lì, è un posto orribile in cui devo ritornare sempre”


“Avere il permesso di soggiorno significa anche essere vittime di profilazione razziale, essere bloccati e controllati più volte in aeroporto, mentre i miei amici italiani mi aspettano dall’altra parte”


La strada da fare è ancora lunga, ma possiamo dire con certezza che no, il referendum sulla cittadinanza non regala la cittadinanza a nessuno, ma ha una sua importanza che sta in una presa di coscienza collettiva che si esplica tramite il diritto di voto per una causa giusta. Per questo sarà indispensabile andare a votare verso chi è figlio e figlia d’Italia, tenendo bene a mente che la cittadinanza non è un regalo, ma, come ci insegna la rivoluzione francese, l’acquisizione di un diritto insito nell’individuo, o meglio, nel cittadino.


Fonti:

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