
Il processo di costituzione del sistema moderno borghese si muove sul fine dell’ancién regime, attraversa Illuminismo e Romanticismo per contravvenire al sistema precostituito dalla classe aristocratica, fino a quel punto dominante.
l'ancién regime sottointendeva un sistema letterario sostanzialmente aristotelico, classicista, intensivo. Le lettere erano appannaggio dei pochi che disponevano di sufficiente padronanza della scrittura e addestramento alla tradizione; soltanto tra questi era possibile la produzione e circolazione di un numero limitato di testi prestigiosi, sottoposti a una fruizione ripetuta, eseguita ad alta voce.
All’origine della frattura, le due grandi rivoluzioni della modernità. Prima la Rivoluzione francese, che apportò un significativo rinnovamento culturale e politico e la Rivoluzione industriale dopo, a stravolgere i normali assetti economici e dunque favorire l’incremento dell’alfabetizzazione. Si allarga il bacino di persone dotate di competenze letterarie, tanto di fruizione quanto di produzione della materia. A questi eventi succedettero potenti discontinuità in Gran Bretagna e Francia, veicoli di movimenti restaurativi. La Restaurazione riuscì a mettere in luce l’individuo e la sua esperienza – cfr. Ippolito Nievo, Confessioni di un italiano, 1867.
Si apre una frattura traumatica, spettacolare, invasiva (Brioschi) della quale i contemporanei avevano vivida percezione: il cambiamento di baricentro imposto dal nuovo sistema borghese, idealmente democratico, ricade proprio sui nuovi ceti della borghesia urbana, ossia i nuovi protagonisti dell’orizzonte letterario moderno. La tradizione, al contempo, nel nuovo orizzonte borghese perde la funzione di garante e di discrimine ed è spesso considerata un vincolo di cui liberarsi. Ci si libera insomma della ruota di Virgilio, in direzione del progresso, della sperimentazione, di una nuova conformità letteraria entro gli orizzonti della società pre-capitalista.
I nuovi destinatari subalterni, tra cui ora annoveriamo anche donne e ragazzi, ribaltano l’orizzonte d’attesa aristocratico affermandosi come una moltitudine, un nuovo pubblico che chiede e produce nuovi generi letterari, a loro volta mutevoli e diversificati: il romanzo diviene il genere letterario per eccellenza della modernità. Polimorfo e versatile, il romanzo porta con sé, a testimonianza del passaggio e cambiamento della società tutta, un’inedita esperienza di lettura.
Aumenta il pubblico, aumenta la produzione di libri, la loro circolazione è accelerata. La nuova pratica di lettura è mentale, privata, domestica. Questa rivoluzione di soggetti e oggetti della letteratura si estende da metà Settecento fino, in un certo modo, ai giorni nostri. Debenedetti, con coscienza contemporanea, a Novecento inoltrato definì il Romanzo come genere d’appartamento: spesso a essere messa in scena è la vita privata e domestica dei personaggi, accentrando lo sforzo sulla loro dimensione emotiva. Il romanzo realistico borghese, in particolare, consente l’accesso alla vita privata d’altri.
Ne è esempio "Gli indifferenti":
Entrò Carla; una sola lampada era accesa; un’oscurità grigia avvolgeva il resto del salotto.
Moravia
Moravia ci immette sin dalla prima pagina in un salotto romano, borghese, dabbene, come si voleva in quegli anni. Qui conduce la nostra attenzione sul vestito di lanetta marrone con la gonna così corta che ci accorgiamo di guardarla salire di un palmo sopra le calzette, al chiudere dell’uscio. La storia editoriale di questo libro ci interessa allorché edifica insieme – o parallelamente – la propensione d’animo di Moravia stesso verso il suo primo romanzo.
Questo impegno, ormai di ingombrante portata culturale, tornò rinnovato a interrogarlo: quanto è antiborghese? Quanto è politico? Nel 1945 su La Nuova Europa risponde che intenti larvatamente politici di critica antiborghese non ce n’erano. Rifiuta ogni etichetta verista e nondimeno afferma che:
“le ragioni di un libro, sono affidate al libro stesso, […] un libro si spiega e si giustifica da sé come un organismo vivente”.
Moravia, la noia, l’autobiografismo, il disinteresse apertamente confessato verso la critica alla borghesia, desunta proprio dai personaggi del romanzo, quasi esacerbano la polarizzazione dell’opera… nulla poté impedire che Gli Indifferenti professassero l’epoca del romanzo moderno e contemporaneo, come intese Debenedetti nel ’71.
Nel panorama italiano l’epoca si apre proprio con Gli indifferenti e con Svevo. La forza descrittiva dei romanzi, di lì in poi, investe l’individuo al punto che i romanzi sono chiamati a rispondere, sintomaticamente, di ciò che rappresentano.
Tornando a Moravia, il critico letterario e professore Edoardo Sanguineti, comunista e membro di spicco del Gruppo ’63, dedicò una trattazione monografica a Gli Indifferenti nel 1962. Una certa parte del suo impegno critico e militante trascorse assieme alle opere di Moravia e a Moravia stesso, nei salotti televisivi di fine anni Settanta.
Il romanzo borghese connota sempre più precisamente lungo l’asse del tempo la sintomatologia dell’individuo e della società in cui è calato; e tuttavia, non è riducibile a questo soltanto. È vero che nei suoi massimi esempi descrive la condizione postmoderna e quasi ne è svuotato, tanto da porsi, nei riguardi dei grandi narratori realisti, non in atteggiamento di superamento ma di reazione, come intese la propria opera Moravia. In una delle considerazioni cui accennavamo prima, dopo essersi confrontato con James Joyce, concluse che tutto ci fosse già stato detto e non fosse più nulla da aggiungere.
Eppure, è evidente la capacità di soggiungere alla coscienza del lettore un intimo e privatissimo rispecchiamento nei personaggi che animano — più che muovono — i racconti e i romanzi. L’avvicendarsi dei fatti umani è sostenuto dai dialoghi, lunghi o brevi che siano, nella narrazione. Suggestiona e conduce il lettore, nel suo spazio privato, a una reazione interna, emotiva. Avvia a un’esperienza di diletto, incontrollata, poco impegnata, come nel Settecento si temeva
Commentaires