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LA GUERRA NELLE FALKLAND/MALVINAS: UNA GUERRA TRIANGOLARE

Immagine del redattore: tentativo2lstentativo2ls

Tra il 2 aprile e il 14 giugno del 1982 Gran Bretagna e Argentina combattono una guerra per il controllo delle isole Falkland/Malvinas, un’area ai confini del mondo nell’Oceano Atlantico a 400 km dalle coste argentine, abitata da poche migliaia di persone, i Kelpers, ma rilevante punto strategico nell’emisfero australe, in particolare grazie alla sua vicinanza all’Antartide e alle sue risorse.


Da colonie spagnole nel XVI secolo, a territorio argentino nel XIX, dopo diversi tentativi, gli inglesi ne assumono il possesso nel 1833, facendone territorio d’oltremare e popolandone le terre disabitate. Ad oggi la popolazione autoctona si identifica e si sente parte del Regno Unito. Il conflitto provocato dall’Argentina, da anni guidata da governi militari di stampo nazionalista, nasce dal desiderio di rivendicare il possesso di queste isole, in nome dell’identità nazionale e della evidente vicinanza geografica. In due mesi, tra colpi di scena e suspance, la Gran Bretagna si riconferma sovrana dell’arcipelago.


Nel pieno revival delle dinamiche bipolari che si interessano alle periferie del mondo e della conseguente attenzione dell’amministrazione Reagan per l’America Latina, gli Stati Uniti non possono rimanere indifferenti. Essi hanno rapporti profondi con entrambi i Paesi coinvolti nel conflitto. Da una parte, la Superpotenza occidentale aveva stretto un patto di assistenza reciproca con l’Argentina nel quadro multilaterale del Patto di Rio del 1947, inaugurando la dottrina dell’Hemispheric Defense, in chiave anticomunista. Infatti, all’indomani dell’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979, la paura che l’URSS possa mirare a rafforzare la sua già presente influenza anche in America Latina è reale.


La direttrice di politica estera americana dell’epoca si fonda sulla teoria del Double Standard, affermata da colei che Reagan vuole come ambasciatrice presso le Nazioni Unite, Jeane Duane Kirkpatrick. Questa teoria si fonda sulla convinzione che dittature di destra e di sinistra meritino un diverso trattamento:


  • con le prime un dialogo è necessario in quanto funzionali al contenimento del comunismo, altresì ritenute suscettibili di divenire future democrazie; al contrario, con le seconde, è doveroso mantenere un atteggiamento intransigente, poichè ritenute incapaci di una trasformazione democratica. L’Argentina rientra nel primo gruppo.

  • Dall’altra parte, tuttavia, vi è la Special Relationship che lega gli Stati Uniti alla Gran Bretagna dalla fine del XIX secolo e che costituisce il cuore dell’Alleanza Atlantica, fondamentale vincolo dal 1949. A ciò si aggiunge l’“alchimia personale” che lega Ronald Reagan, Presidente degli Stati Uniti, e Margaret Thatcher, Primo Ministro britannico: fra i due leader vi è una profonda amicizia e una forte intesa politica, capaci di avere un peso determinante sui processi decisionali dei due Paesi.

Di fatto, una presa di posizione degli USA è inevitabile, ma si tratta di una decisione complessa e caratterizzata da ambiguità. Negli anni precedenti al conflitto erano già in corso negoziati sulla potestà delle isole e, nel complesso, gli USA sostenevano l’Argentina e il loro diritto sull’arcipelago. Tuttavia, diversi sono i presagi di un fallimento dei negoziati tra Londra e Buenos Aires. Il governo Galtieri, infatti, invia al Foreign Office un comunicato estremamente aggressivo sulla volontà di recuperare ad ogni costo la sovranità sulle isole. Il 19 marzo quaranta soldati argentini sbarcano sull’isola di South Georgia, anch’essa territorio britannico nell’Atlantico meridionale, e issano la bandiera dello Stato sudamericano.


Gli Stati Uniti mantengono una posizione neutrale, cercando di mediare tra le parti nel momento in cui Thatcher chiede all’amico statunitense di telefonare a Galtieri per persuaderlo nel ritirare le truppe, ma senza successo. L’Argentina, infatti, è già pronta per l’invasione e questo è quanto accade.


Il 2 aprile 1982 il governo argentino dà il via all’Operazione Rosario il cui obiettivo è l’affermazione della sovranità argentina sulle Flakland/Malvinas e a cui la Gran Bretagna risponde prontamente; meno chiara ed immediata è la reazione statunitense. La politica degli Stati Uniti è oscillatoria e di formale neutralità: mostrare di avere un “amico” preferito tra le due parti coinvolte avrebbe il potenziale di compromettere i primari interessi della superpotenza. Il Segretario di Stato Alexander Haig si avvale di una vera e propria “diplomazia della navetta” tra Londra e Buenos Aires, spendendosi in una poderosa opera di mediazione per favorire un acquietarsi delle relazioni tra i due Paesi.


Tuttavia, il margine a sua disposizione è estremamente limitato in quanto, da una parte, il Generale Galtieri subordina ogni sua concessione al riconoscimento della sovranità argentina sull’arcipelago, e dall’altra gli stessi Stati Uniti si trovano divisi all’interno dell’amministrazione Reagan, tra chi afferma l’importanza di sostenere il governo militare di destra - Kirkpatrick - e chi l’alleato atlantico. Tra questi ultimi, una voce che si fa sentire dal Pentagono è quella del Segretario alla Difesa Caspar Weinberger. Questi sostiene che l’appoggio alla Gran Bretagna è della massima priorità, e non solo perché questa sia stata aggredita ma perché quel rapporto è quello davvero funzionale, a maggior ragione nel contesto bipolare.


È questa seconda prospettiva a prevalere, nonostante i tentativi di Reagan di mantenere una politica di equidistanza per scongiurare rischi sul versante latino. Tuttavia, tutto ciò è tanto vero quanto inesatto: Reagan decide di sostenere Weinberger già durante i tentativi di mediazione da parte di Haig, dandogli di fatto carta bianca, in un processo silenzioso che si traduce in un’assistenza militare massiccia alla Gran Bretagna e in una cessazione degli aiuti all’Argentina. Questo dettaglio risale ad un documento dei FRUS (Foreign Relations of the United States archive), di recente desecretati. Infatti, Reagan dà un’autorizzazione al Dipartimento della Difesa dove afferma testuali parole: “Give Maggie enough to carry on”, lasciando al Pentagono discrezionalità di interpretazione e mantenendo all’oscuro il Dipartimento di Stato.


Gli aiuti segreti alla Gran Bretagna funzionano sulla base di proporzioni ben più eclatanti di quelle che lo stesso Presidente degli Stati Uniti aveva immaginato. Una neutralità pubblica, non affatto imparziale e dal peso determinante.


Dal 30 aprile non si può più parlare di neutralità: gli USA prendono ufficialmente posizione a favore di Londra ribadendo l’embargo nei confronti di Buenos Aires, sensibilizzando la propria opinione pubblica in merito alla causa britannica e soprattutto formalizzando e incrementando gli aiuti alla Gran Bretagna. Nel giro di 75 giorni arrivano a Londra circa 120 milioni di dollari. Si tratta di un’assistenza che conosce dei livelli altissimi, sia in termini di tempo, con anche interventi in 24 ore, sia in termini di forniture militari, in particolare i missili Stinger; viene, inoltre, formalizzata la messa a disposizione delle basi militari USA sull’isola di Ascensione, base strategica di fondamentale importanza per la riuscita dell’impresa.


Il 14 giugno la Gran Bretagna di Margaret Thatcher ha la meglio e l’Argentina di Galtieri è sconfitta e costretta a rinunciare alle Falkland/Malvinas. Nel contesto di rinnovata Guerra Fredda, è inevitabile domandarsi quale sia stata la posizione dell’Unione Sovietica. Essa non considera questo teatro di suo interesse strategico, in particolar modo perché impegnata nell’invasione dell’Afghanistan, azione che si rivelerà altresì più complessa del previsto.


Nemmeno il resto dell’America Latina prende una posizione a favore dell’Argentina. Questa, infatti, è al suo interno molto eterogenea, con Paesi guidati da dittature di destra e altri da regimi filocomunisti. L’Argentina esce dalla guerra sconfitta ed isolata. Molti storici identificano questo come il momento che diede il colpo di grazia alla dittatura della Junta militare, che cade nel 1983, in armonia con l’ondata di democratizzazione presente in quel periodo.


E la Gran Bretagna? La perfida Albione ne esce vincitrice su tutti i fronti. La vittoria è duplice, sotto i punti di vista militare e politico- diplomatico: si rafforza la leadership di Margaret Thatcher, all’epoca minata dalle sue impopolari scelte di politica interna, così come il ruolo atlantico di Londra, che conferma la sua influenza internazionale.


Gli Stati Uniti hanno preso una decisione, a sfavore del partner continentale. Non solo l’Argentina, ma l’intera America Latina si ricorderà della scelta statunitense, tanto che un commentatore brasiliano affermerà che “è chiaro che gli USA abbiano molti amici, ma alcuni sono amici di prima classe e altri di seconda”. La vincitrice della guerra è la Special Relationship angloamericana che, come comprovato dalla decisione di Haig di dimettersi, è così forte da aggirare il processo decisionale entro l’amministrazione statunitense. Si conferma la centralità dell’Alleanza Atlantica.






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